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Tradizioni venete: la mia ricetta della pinza veneziana

Scritto da Silvia

La mia ricetta della pinza veneziana, il tradizionale dolce veneto del 6 gennaio.

La mattina del 6 gennaio io e mia sorella sapevamo che sul divano bianco avremmo trovato i doni della Befana. Una calza azzurra con l’orlo di pizzo bianco per me, una calza rossa con il disegno di un albero di Natale per lei. E all’interno tutti i nostri dolci preferiti, scelti accuratamente dalla mamma (e rigorosamente in numero uguale per evitare guerre civili!). Ho sempre amato quella calza azzurra, sapevo che era la mia, che era stata riempita con amore e che all’interno avrei trovato solo ciò che mi piaceva. Dopo qualche anno mia mamma ha provato a cambiarle ma non c’è stato verso, per noi la Befana significava una calza azzurra e una rossa e quindi sono tornate. Sapevo che io e mia sorella avremmo passato le ore successive a ridere verificando di avere la stessa quantità di dolci (perché in certi casi la matematica non è un’opinione) e i giorni a seguire a barattarli in base alle papille gustative del momento. Sapevo che avremmo rinchiuso le nostre calze in un cassetto come il bene più prezioso, e che alla fine della fiera chi avesse finito la propria “scorta” per prima sarebbe andata a pescare dall’altra. Sapevo anche che all’interno avremmo trovato un piccolo regalo, perfettamente impacchettato da sembrare una caramella gigante. E sapevo che tutto questo aveva un nome: AMORE.
E oggi so per certo che mia mamma conserva ancora quelle due calze, dalla stoffa ormai lisa ma profumate di sapone e d’amore.

Sono le piccole tradizioni come questa che mi piacciono, perché sono quelle che creano i ricordi più dolci. E a proposito di dolci, oggi vi propongo quello tipico della tradizione contadina veneta in questi giorni: la pinza o, come si dice qui, “pinsa venessiana” o ancora “torta dea marantega” (in dialetto la “marantega” è appunto la vecchina della Befana). Come al solito, questa è la mia personale ricetta, rigorosamente senza lattosio.

 

Ingredienti (per 6-8 persone)

  • 50 g di buccia d’arancia candita
  • 30 g di zenzero candito
  • 80-90 g di uvetta sultanina
  • 8-10 fichi secchi
  • 1 cucchiaino di semi di finocchio
  • 1 mela
  • 100-150 ml di brandy o grappa
  • 300 g di farina di mais (quella gialla, per polenta)
  • 1 lt di latte di soia
  • un bicchiere d’acqua
  • 100 g di margarina vegetale
  • un pizzico di sale
  • 100 g di farina 00
  • 100 g di zucchero di canna
  • 7 g di lievito per dolci (mezza bustina)

Preparazione

Tagliate a cubetti piuttosto piccoli l’arancia, lo zenzero e i fichi. Uniteli ai semi di finocchio, mettete il tutto ammollo in una ciotolina con il brandy e coprite con della pellicola trasparente.

Mettete a bollire mezzo litro di latte con un pizzico di sale e la margarina vegetale tagliata a tocchetti. Non appena il latte bolle, versate la farina gialla a pioggia e, continuando a cuocere, mescolate per 10-15 minuti evitando che si formino dei grumi. Mano a mano che il composto si indurisce unite il bicchiere d’acqua e altro latte (avendo cura di conservarne mezzo bicchiere).

ricetta pinza veneziana

Spegnete il fuoco e aggiungete la farina bianca, lo zucchero e il lievito. Per rendere la consistenza più morbida versate anche il latte che avete tenuto da parte e mescolate. Unite la mela tagliata a cubetti, la frutta candita, i fichi e i semi di finocchio, ovviamente dopo averli scolati dal brandy.

Trasferite il composto in una tortiera rivestita di carta da forno, livellatelo e cuocete in forno ventilato a 180° per poco meno di un’ora, fino a quando si sarà formata una leggera crosticina gialla sulla superficie.

Servite la pinza tiepida o, meglio ancora, dopo che si sarà raffreddata.

2 Commenti

  • Che ricordi dolcissimi… Mi hai fatto commuovere, con le tue parole. È stato come vedere te e tua sorella, in attesa di aprire quelle calze, come sentire le vostre emozioni (i vostri calcoli matematici). Incantevole come i momenti dell’infanzia, sappiano tornare a galla, con colori, profumi, precisione.
    E poi quella frase finale, sul fatto che mamma conserva quelle due calze per ricordo, profumate d’amore e sapone. Non so perché, ma questa immagine mi si è fermata negli occhi…
    Bacioni,
    Claudia B.

    • Credimi che mi sono commossa anch’io scrivendone e ripensandoci. Ci sono momenti di quando ero piccola, come questi, che associo ad un profumo, ad un oggetto (come la calza colorata) e che riportano a galla sensazioni bellissime. Credo sia perché in qualche modo hanno contribuito a farmi capire che spesso un gesto semplice nasconde molto di più. Quindi grazie per aver colto ciò che volevo dire, grazie di cuore.
      Un bacione

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