Friuli Venezia Giulia Italia

Risiera di San Sabba a Trieste: visita all’unico lager nazista d’Italia

Scritto da Silvia

Visita alla Risiera di San Sabba a Trieste. Perché non dimenticare è un dovere.

Ci sono luoghi che non ti aspetti, di cui non hai mai sentito parlare, che scopri quasi per caso e che a volte sono come uno schiaffo in pieno volto, una sferzata d’aria gelida e secca in una calda giornata di sole.

Quando visito una città mi piace inserire nel mio itinerario almeno una tappa fuori dai soliti percorsi turistici, che possa lasciarmi qualcosa di nuovo, di insolito, che possa farmi riflettere o che riesca a stupirmi. Durante la nostra ultima visita a Trieste ho inserito quindi nell’itinerario la Risiera di San Sabba, un antico stabilimento per la lavorazione del riso, costruito alla fine del 1800, che durante la Seconda Guerra Mondiale è stato teatro degli orrori nazisti. Qui sono stati rinchiusi sia prigionieri per motivi politici e razziali che civili catturati durante i rastrellamenti o destinati al lavoro coatto e la visita e a questo luogo è stata proprio uno schiaffo freddo, ma freddo davvero.

 

 

Risiera di San Sabba: un po’ di storia

Nel febbraio del 1898 la società nota come Pilatura del riso del Litorale acquistò i terreni nel rione periferico di San Babba, per costruire un complesso di edifici per la lavorazione del riso. Intorno agli anni Trenta la produzione cessò e quasi contemporaneamente il Regio esercito italiano iniziò ad usare questi spazi come magazzino e, dopo il 1940, a trasformarli in una caserma vera e propria. In seguito all’occupazione tedesca lo stabilimento fu utilizzato dai nazisti come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’8 settembre 1943 e verso la fine di ottobre divenne un campo di detenzione di polizia (Polizeihaftlager) per lo smistamento dei detenuti che dovevano essere deportati in Germania e in Polonia, per il deposito dei beni che venivano  razziati e per la detenzione e l’eliminazione di ostaggi, partigiani, prigionieri politici ed ebrei. Fu uno dei quattro Polizeihaftlager in Italia, insieme a Fossoli, Borgo San Dalmazzo e Bolzano, ma l’unico dotato di forno crematorio. All’inizio del 1944 i nazisti infatti trasformarono l’impianto dell’essicatoio in un forno crematorio, per poter incenerire un maggior numero di cadaveri. Nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945, per nascondere le prove dell’orrore di cui si erano macchiati, fecero esplodere il forno e la ciminiera, ma loro esistenza è stata confermata dai racconti dei prigionieri sopravvissuti e dalle ossa e ceneri umane che sono state ritrovate tra le macerie.

Nel 1965 la Risiera di San Babba è stata dichiarata Monumento Nazionale in quanto “unico esempio di lager nazista in Italia” e nel 1966 il Comune di Trieste ha indetto un concorso per trasformarla in un Museo. Il concorso è stato vinto dall’architetto Romano Boico, che ha spiegato con queste parole il suo progetto.

La Risiera semidistrutta dai nazisti in fuga era squallida come l’intorno periferico: pensai allora che questo squallore totale potesse assurgere a simbolo e monumentalizzarsi. Mi sono proposto di togliere e restituire, più che di aggiungere. Eliminati gli edifici in rovina ho perimetrato il contesto con mura cementizie alte undici metri, articolate in modo da configurare un ingresso inquietante nello stesso luogo dell’ingresso esistente. Il cortile cintato si identifica, nell’intenzione, quale una basilica laica a cielo libero. L’edificio dei prigionieri è completamente svuotato e le strutture lignee portanti scarnite di quel tanto che è parso necessario. Inalterate le diciassette celle e quelle della morte. Nell’edificio centrale, al livello del cortile, il Museo della Resistenza, stringato ma vivo. Sopra il Museo, i vani per l’Associazione deportati. Nel cortile un terribile percorso in acciaio, leggermente incassato: l’impronta del forno, del canale del fumo e della base del camino.

Nel 1975 è stato finalmente inaugurato il Museo Civico della Risiera di San Sabba, così come lo si vede oggi.

 

 

Risiera di San Sabba: guida alla visita

L’ingresso è una sorta di lungo e stretto corridoio a cielo aperto, dalle pareti alte ed impersonali, come per iniziare subito a far spogliare i visitatori dell’umanità che qui è stata tolta a troppe persone.

Sulla sinistra, la prima stanza che si vede è la cosiddetta “cella della morte”, dove venivano rinchiusi i prigionieri in attesa di esecuzione da lì a poche ore o a pochi giorni. È un ambiente freddo, dove il silenzio fa quasi rumore, una sensazione che gela il cuore. Poco più avanti si trova un edificio a tre piani che era adibito a laboratori di sartoria e calzoleria, in cui venivano fatti lavorare i detenuti, e alle camerate delle SS. Al piano terra si vedono le 17 micro-celle per i detenuti destinati alla morte entro poche settimane, principalmente oppositori politici ed esponenti della Resistenza locale. In ciascuna di queste celle venivano stipate fino a 6 persone, in uno spazio che sarebbe angusto anche per una sola (sto parlando di celle larghe poco più di un metro e lunghe e alte 2 metri).

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Proseguendo e tenendosi sempre sulla sinistra del cortile, si arriva ad un edificio a quattro piani dove venivano rinchiusi i prigionieri destinati per lo più alla deportazione nei campi della Germania: Dachau, Auschwitz e Mathausen. L’architetto Boico ha eliminato i tre piani superiori  e messo a nudo le travature portanti in legno, creando un effetto visivo davvero suggestivo, che ha fatto chiamare questo ambiente “sala delle croci”. In alcune bacheche incastonate nel muro sono esposti oggetti personali razziati ai detenuti, piccoli frammenti di una quotidianità che gli era stata strappata con violenza.

Nel cortile interno si vede la piastra metallica che definisce il perimetro dove una volta c’era il forno crematorio, interrato, collegato alla ciminiera da un canale sotterraneo. Sull’impronta metallica della base della ciminiera c’è oggi una scultura, un’immagine in ferro del fumo che usciva dal camino. Penso che non si potesse rappresentare meglio, è una struttura semplice, essenziale, senza fronzoli.

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L’edificio centrale del cortile, in passato adibito a caserma, è il Museo vero e proprio, ricco di testimonianze audio-video e di pannelli esplicativi, che non si limitano a descrivere la Risiera ma ricostruiscono anche il contesto storico della prima metà del Novecento, e consentono di approfondire lo scenario e di prendersi un po’ di tempo per mettere a fuoco tutto ciò che si è visto finora e le emozioni che si stanno accavallando. Sono presenti anche alcuni oggetti personali dei deportati triestini, tra cui un’agendina, una divisa a righe, fotografie e documenti, e un lungo rotolo di carta che una detenuta ha nascosto per mesi sotto la divisa e su cui aveva scritto i nomi e gli indirizzi delle sue compagne, nella volontà di non dimenticare.

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Prima di andarsene è d’obbligo una visita alla sala delle commemorazioni, tragicamente spoglia. Siamo rimasti diversi minuti ad osservare i pannelli fotografici, quasi a voler fermare negli occhi la follia che si è consumata tra queste pareti, portando via con noi una sensazione di pesantezza sul cuore che non se n’è andata facilmente.

Gli studiosi stimano che nella Risiera di San Babba siano state uccise tra le 3.000 e le 5.000 persone, soprattutto triestini, sloveni, croati, friulani, istriani ed ebrei e che un numero ancora maggiore di detenuti siano transitati da qui per essere poi smistati vero altri campi di concentramento europei. Se siete in zona, vi consiglio davvero di dedicare un paio d’ore a questo luogo che fa parte del nostro passato, di un passato purtroppo più vicino di quanto a volte possiamo immaginare.

 

Visita alla Risiera di San Sabba: informazioni pratiche

  • La Risiera di San Babba si trova a pochi chilometri dal centro di Trieste, in via Palatucci 15, ed è raggiungibile in auto in pochi minuti. È possibile parcheggiare in uno dei numerosi posti gratuiti che si trovano lungo la strada che costeggia la Risiera.

  • Il museo è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 19 (chiuso il 25 dicembre e 1 gennaio) e l’ingresso è libero. Sono disponibili guide cartacee o audio guide al costo di 2€.

  • Per ulteriori approfondimenti vi rimando al sito ufficiale.

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